TEATRO MENOTTI MILANO
in scena dal 19 al 24 marzo
ABITARE LA BATTAGLIA
(CONSEGUENZE DEL MACBETH)
La Fabbrica dell'Attore – Teatro Vascello Roma
regia Pierpaolo Sepe
con Federico Antonello, Marco Celli, Paolo Faroni, Noemi Francesca, Biagio Musella Vincenzo Paolicelli, Alessandro Ienzi
drammaturga Elettra Capuano - movimenti di scena Valia La Rocca, costumi Clelia Catalano
luci Marco Ghidelli, elementi di scena Cristina Gasparrini - assistente scene Clelia Catalano
PROMOZIONE SOCI CRAL CITTÀ METROPOLITANA DI MILANO
Biglietto € 11,50 anzichè 21,50
Uno spettacolo di teatro-danza intenso, emozionante e coinvolgente. Un racconto senza tempo sulla nascita del male, il suo insinuarsi nell'animo umano ed il conseguente controllo della volontà.
È questo l'avvio del Macbeth, è questo il campo di battaglia. Quello che avviene una volta che le forze si schierano sul campo tuttavia, stupisce. Il luogo in cui si svolge questa battaglia è uno spazio vuoto, una brughiera troppo lontana da Dio perché i suoi echi possano raggiungerci.
Il punto di vista scespiriano attinge da quello della tragedia greca, dove la messa in scena di passioni che sconfinano nel male e nella violenza servono a produrre quella che veniva chiamata "catarsi", ovvero "purificazione" e che Aristotele indica come la liberazione dalle passioni tramite la visione della tragedia. Che sia proprio il voyeurismo delle passioni che il teatro ci mostra senza filtri morali a liberarcene? Shakespeare ne era conscio: in nessuna delle sue opere c'è mai giudizio (come nella tragedia greca) bensì rappresentazione della passione e di tutti i conflitti che ne derivano. In Macbeth, però, questa rappresentazione è più feroce che altrove e il gioco forse si ribalta del tutto: e se la liberazione non esistesse realmente? Se la liberazione fosse abbracciare la corruzione della
mente e dell'animo, anziché allontanarsene, in uno slancio vitale che travolge tutto? Non a caso gli attori sulla scena verranno chiamati a un forte dispendio fisico, a un affanno del corpo teso a sottolineare che, pur sapendo che la vita si risolve in un passaggio fugace, l'uomo si opera per segnare il suo tempo, per incidere il suo nome da qualche parte: da qui l'ambizione, il desiderio di immortalità che il potere sembra concedere, la sete di avere di più di quel che si ha nell'illusione che questo migliori l'esito della recita oscura.
Tutto questo affanno e desiderio si incarna nelle streghe, che raccontano la parte profonda di questo moto interiore e che, nello spettacolo, si moltiplicano in più Macbeth e Lady Macbeth per ricordare che nessuno è esente da questa pulsione e che tutti possiamo diventare o l'uno o l'altra. La moltiplicazione coinvolge quindi anche il pubblico: così come tutti gli attori possono tramutarsi in questi alfieri del male, così lo spettatore è costretto, dalle streghe, a chiedersi: "E Io? Non abito forse anche io la battaglia?"
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Cristina Enea Spilimbergo | convenzioni@teatromenotti.org | 0236592538 | 3290112288
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